Portfolio di Sherry Akrami
Commento a cura di Stefano Marasà
Quello che mi ha colpito di questo autore è la capacità di trarre spunto dalle caratteristiche formali di diversi generi fotografici, creando e mantenendo costante un proprio stile ed un originale senso descrittivo e poetico. Si va dal paesaggio, al minimale, all’architettura, senza però seguirne i rigidi formalismi. L’idea ed il senso narrativo stimolano l’osservatore ad entrare in una storia dove l’immagine risulta essere solo un punto di ingresso. Un singolo scatto come un fotogramma, un frame catturato da un filmato ben più lungo. Un racconto che possiamo immaginare ed inventare, ognuno diverso dall’altro, ognuno seguendo la propia anima e sensibilità. Ed è proprio quello che è accaduto a me. L’immagine già proposta come Top del Giorno (TREE OF LIFE) è diventata subito nella mia immaginazione un piccolo racconto che ho voluto proporre ed inserire in questo portfolio col desiderio di condividere una mia personale interpretazione.
di Stefano Marasà
Sherry Akrami
Sherry Akrami
Sherry Akrami
Sherry Akrami
Sherry Akrami
Sherry Akrami
Sherry Akrami
Sherry Akrami
“The Tree of Life” – Sherry Akrami
L’anima delle cose (L’albero della vita)

The Tree of Life – Sherry Akrami
Veniva sempre qui con le ultime luci del giorno. Al suo cuore fragile e sensibile bastava poco per abbandonarsi alla solitudine. Ma non era un vero soffrire. Era una sorta di stato emozionale di grazia; istanti di intima malinconia che però amava ascoltare, lasciando che si dissolvessero in emozioni, percepibili nella loro purezza solo in momenti come questi.
Ero il suo albero, il suo rifugio, il suo pezzo di mondo lontano dal mondo. A volte stava qui delle ore, in silenzio, osservando le traiettorie leggere e libere degli uccelli, sognando e immaginando di essere li con loro a respirare nuvole, galleggiando tra le albe ed i tramonti in un tempo senza fine. Altre volte si scopriva a parlare con me, a raccontarmi di quei segreti istanti in cui, improvvise e devastanti come un’onda anomala, quelle emozioni che amava ascoltare lo trascinavano via.
Un dono il suo, quello si saper ascoltare le cose del mondo, di sentirne le vibrazioni, di assorbire quella luce che sapeva scorgere in esse. Una visione, intima, spontanea e a volte travolgente. Qualcosa che non è dato a tutti di percepire e che lui chiamava “l anima delle cose”.
Ma un giorno lo vidi arrivare in preda alla disperazione. Questa volta non era venuto ad ascoltare i sui pensieri o ad osservare il volo degli uccelli e nemmeno per parlare con me. Non seppi mai cosa gli fosse accaduto, ma correva, piangeva ed aveva uno sguardo impaurito e perso, ma anche deciso e determinato. Mi passò davanti senza curarsi di nulla, consapevole del vuoto che lo attendeva appena davanti ai suoi passi. In un attimo realizzai. Mi aggrappai al terreno con tutta la forza che avevo nelle mie radici. Avevo capito e volevo raggiungerlo, volevo fermarlo. Mi piegai fin quasi a spezzarmi, ma nulla. Rimasi in equilibrio temendo di aver superato il punto di non ritorno. Un altro piccolo passo e sarebbe finita anche per me. Ma lui no. Lui volò giù…
In quell’istante tutto si fermò. Tutto tranne quel puntino, sempre più lontano, sempre più piccolo, fin quasi a scomparire. Un solo ricordo di quegli ultimi istanti: un suo sorriso, quando si voltò un’ultima volta, appena prima di allargare le braccia e volare via, proprio come quegli uccelli che amava tanto osservare e che ora sembrava volessero accompagnarlo, accoglierlo fra loro come fosse un ritorno.
Seguirono lunghi attimi di gelido silenzio, ma nessun grido, nessun rumore, nessun tonfo. Finché all’improvviso accadde qualcosa: un leggero fruscio, come di un batter d’ali; prima lontano, poi sempre più vicino. Correva veloce risalendo il pendio, sulle tracce delle mille traiettorie ormai note anche a me. Io ero immobile come in un’istantanea scattata qualche istante prima, piegato e bloccato nella mia nuova condizione. Potevo solo osservare, ascoltare, ammirare.
E nel vento, nel sussurro del vento, sentii chiara e riconoscibile quella voce echeggiare nell’aria intorno a me. Era tornato, o forse non se ne era mai andato. Chissa cosa era successo a quel puntino mentre si allontanava nel vuoto. Cosa era stato di quei disperati ultimi istanti svaniti in quel sorriso quasi liberatorio ? Certamente è stato qualcosa di magico, di miracoloso… Tutto si trasforma, diceva qualcuno. E allora? Allora forse è vero che l’anima sopravvive al corpo che la cela in vita. Ma che lo facesse donando forma ai sogni che l’hanno accompagnata per tanti anni… no, questo non lo avevo mai immaginato.
Un uccello, libero e leggero, che vince sulla morte e che anzi inizia ora a vivere la sua vera dimensione. Era forse questa la sua anima, il suo destino ? Ciò che resta per me è il privilegio di contemplarlo, di vederlo percorrere quelle traiettorie gallegiando felice fra le nuvole . E come una volta, alle ultime luci del giorno, torna da me, si posa sui miei rami e mi tiene compagna allietandomi col suo canto. E tutto torna quasi uguale a prima. Quasi, perché tutto ora è sereno. Tutto va avanti tra albe e tramonti su questo luogo magico e solitario. Almeno finchè le mie radici reggeranno al vento ed alle intemperie, finchè forse un giorno percorrerò la stessa strada per tornare insieme, per sempre, in questo piccolo angolo di mondo fuori dal mondo.
di Stefano Marasà